La zuffa concettuale sulla PAS: storia prossima di furiosi equivoci

Postiamo su gentile concessione dell’Autore.

La zuffa concettuale sulla PAS: storia prossima di furiosi equivoci

Marco Casonato

Università Milano-Bicocca

Vi fu un furioso dibattito rispetto ai disegni di legge presentati al Senato sulle modifiche dell’affido condiviso (legge 54/2006) fino alla presentazione degli emendamenti al ddl 957. Il tracollo della maggioranza e le dimissioni del governo han rinviato sine die la continuazione della discussione regalandoci un’insperata gradevole pausa in attesa del nuovo governo e di diversi e sperabilmente più qualificati attori: la speranza è l’ultima a morire.

Con qualche distacco dato il generale naufragio dei contendenti perlopiù trombati alle elezioni ci sentiamo di poterci esprimere con qualche pacatezza sulla zuffa concettuale svoltasi sulle appendici in basso di diverse testate giornalistiche online dove i lettori possono intervenire insieme ovviamente a schiere di trolls; il dibattito è rimbalzato su blog periferici e post di facebook: tutti contesti di pubblica informazione contemporanea che qui cerchiamo di ricondurre ad un dibattito di stile accademico. Useremo quindi le convenzioni in uso nelle recensioni e nei dibattiti su riviste scientifiche.

Pare di poter iniziare questa disamina dalla stimolante tesi di Giordano (presentata nelle parti basse del Manifesto online nel giugno 2012 in appendice ad un articolo di Laura Betti) che introduce la nozione di Mobbing genitoriale in una discussione in calce sugli argomenti utilizzati nei dibattiti sulla legge.

La proposta dell’autore di sostituire Mobbing genitoriale a PAS  è suggestiva e stimolante e pare persino riconducile a nozioni di psicologia evoluzionistica essendo il mobbing un fenomeno etologico prima che umano. Ma la proposta ha un ulteriore pregio, infatti la nozione di mobbing comprende almeno quattro parti: un contesto ambientale, un attore, dei veicoli, una vittima. In etologia si riconosce il ruolo di un contesto ambientale, un capobranco, un branco (veicolo), un oggetto dell’attacco. Altrettanto vale per il mobbing sul lavoro: un ambiente di lavoro malsano, un dirigente ostile e paranoide, degli alleati tra impiegati e colleghi, un lavoratore vittima.

La Sindrome di alienazione parentale parrebbe in effetti sovrapponibile con le condizioni citate: un contesto giudiziario malsano, un genitore ostile e paranoide, un branco di alleati (tra cui il bambino), un oggetto dell’attacco (un ex coniuge).

Giordano (2012) sostiene che sembrerebbe “più corretto riferirsi a quello che viene chiamato mobbing genitoriale che può avvenire da entrambi i genitori e che non è una malattia applicata al minore (che eventualmente si trova in mezzo a due fuochi), ma appunto una volontà dell’adulto verso l’altro adulto che va valutata nella sua complessità e in un quadro generale di rapporti e dinamiche conflittuali intrafamiliari”.

Concordiamo in parte: in primo luogo anche la PAS secondo Gardner et al. può essere promossa da entrambi i genitori indifferentemente dal genere; ma soprattutto la PAS come sindrome non è una malattia psichiatrica che “sta nella testa” (proprio come il mobbing e lo stalking) e deve essere valutata sia nelle dinamiche intrafamiliari che in quello che viene chiamato esosistema (rapporti tra l’individuo e l’ordinamento) e macrosistema (tempo, storia, leggi e cultura).

Ma ha senso “ridurre” – perchè di riduzione si tratterebbe – la PAS al mobbing? Per rispondere a un quesito siffatto lasciateci considerare una terza condizione: lo Stalking o molestie persecutorie come da novella del Codice penale. Lo stalking prevede un persecutore ed un perseguitato, un contesto socio-familiare, delle dinamiche di “coppia” (anche se talora la vittima non conosce il suo persecutore). Anche lo stalking, come il mobbing e come la PAS non è una “malattia che sta nella testa” ne’ della vittima, ne’ del persecutore. Le tre condizioni non compaiono come tali in nessun DSM degli ultimi 20 anni, la ragione è semplice, nessuna delle tre condizioni è “una malattia che sta nella testa” e i DSM considerano invece tendenzialmente solo ed esclusivamente “malattie che stanno nella testa” che tendenzialmente si possono trattare con una sostanza medicamentosa che si introduce nel corpo all’uopo.

Stalking, mobbing e PAS potrebbero essere considerati delle sindromi? Probabilmente si, essendo le cause variabili, ma le loro manifestazioni fenomeniche omogenee: dunque Sindrome delle molestie persecutorie, Sindrome da alienazione parentale, Sindrome di persecuzione sul lavoro. Dovrebbero aver posto nel codice penale? Potrebbero avercelo già questo posto infatti anche solo con la nozione di violenza privata e con la novella delle molestie persecutorie (che comprende non solo quelle dell’ex coniuge ma anche quelle del confinante dispettoso o del vicino di pianerottolo che si dimentica sempre di chiudere a finestra).

Viè poi chi sostiene che la PAS è un “Abuso psiclogico”: già che ci siamo si vorrebbe notare che il Child Sex Abuse (CSA) presenta le stesse caratteristiche delle condizioni sopracitate, e forse proprio per tale analogia vi è chi vorrebbe “ridurre” la PAS ad “Abuso”. Per questa analogia che non permette affatto una “riduzione” valgono i medesimi argomenti avanzati rispetto alla “riduzione” di PAS a Mobbing. Anche il CSA infatti non-sta-nella-testa, anche il CSA comprende due soggetti, un contesto disfunzionale e terzi collaboranti o compiacenti o distratti. Poi si potrebbe considerare la Sindrome di Munchausen by proxy: anche essa per analogia viene equiparata all’abuso o “ridotta” ad esso: anche questa sindrome non-sta-nella-testa, cioè richiede due persone, un contesto medico o ospedaliero credulo, un sistema di credenze condiviso. Poi ci sarebbero la Sindrome del bambino picchiato, la Child abuse Accomodatiom Syndrome, la Sindrome delle false memorie etc.

Queste sindromi dovrebbero avere tutte un posto nel DSM 6 ? Se la concettualizzazione sottostante ai DSM ( che ovviamente non è l’unica possibile in psichiatria) non cambierà nei prossimi 10-20 anni probabilmente non vi troveranno posto. Forse perché non esistono? No di certo, ma piuttosto perché nessuna condizione delle citate è una “malattia-che-sta-nella -testa” (la Folie a Deux ad esempio è stata tolta dal DSM 5 ed è una patologia che è stata paragonata alla PAS, ma come la PAS non-sta-nella-testa, ma almeno in due teste, in genere madre e figlio/a) ed anche il CSA e la Sindrome di Muchausen e le altre sono nella medesima condizione.

Ciò implica che Stalking, PAS, Mobbing, Munchausen, CAAS, FMS e CSA non esistano ? Evidentemente no: semplicemente il DSM 5 non elenca compiutamente queste condizioni perché non sono “malattie che stanno nella testa”. Dovrebbero queste condizioni essere di esclusiva competenza giudiziaria preferibilmente in ambito penale, cioè meri reati come la rapina? Ovviamente no, sia perché gli attori spesso sono affetti da disturbi psichiatrici di varia natura sia prima che dopo (ma non sempre), sia perché nell’ambito penale ricadono anche reati commessi da infermi o seminfermi per i quali risulterà comunque necessaria una valutazione forense dell’imputabilità, e della pericolosità sociale, inoltre molti conflitti e controversie connesse a queste “sindromi” ricadono nella giurisdizione civile, del lavoro o anche in quella civile oltre che in quella penale, se poi vi sono questioni di tutela del minore si ricade anche nella giurisdizione del Tribunale dei minorenni. Si potrebbe ridurre un problema di tutela del minore ad un illecito penale? A meno di desiderare uno stravolgimento dei sistemi giuridici moderni evidentemente no.

Concludendo sulla proposta di Giordano (2012): non ci pare opportuno “ridurre” la PAS a Mobbing genitoriale, ne’ più ne’ meno che ridurre il Mobbing allo Stalking, o la PAS al Child Abuse, ne’ d’altra parte si può affermare che le due condizioni su cui riflette Giordano siano la medesima condizione. Tutte sono analogie che aiutano a comprendere aspetti di una condizione vedendola a fianco di un’altra. E tutte le condizioni citate – la cui nosologia implica la loro categorizzazione sia pur attraverso categorie consensuali e non naturali come sono appunto quelle dei vari DSM – condividono alcune caratteristiche, ma perché sono parte di una sovra-categoria. La evidente somiglianza (da cui il ragionamento per analogia) deriva dal fatto che le cinque condizioni paiono appartenere ad una medesima ampia sovra-categoria di cui esse sono semmai sottocategorie e pertanto condividono diverse caratteristiche tra loro (ma solo alcune) tra cui il fatto rilevante ai fini dei criteri di inclusione dei DSM attuali di “non essere nella testa”.